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LETTERA APERTA ALLA DOTT.SSA SENSI E AL CAV. MARRA

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Messaggio Da cavaliereblu Gio Mag 01, 2008 1:38 pm

[fonte asromanews]
La sensazione che qualcosa non andasse, la abbiamo avuta subito.
Tutti.
Tutti quelli che, come me, amano una maglia e dei colori che sono parte integrante di un sogno chiamato Roma.
Un sogno che allarga le sue braccia fino a soffocare d’amore una città intera ed i suoi simboli eterni che, cara dottoressa Sensi, comprendono anche e soprattutto Suo padre, ma escludono Lei.
Perché Lei, dottoressa, al contrario di noi, non è capace di sognare.
Non è capace di volare oltre il muro di una razionalità che la separa nettamente dalla “realtà dei nostri sogni”.
Jim Morrison diceva "Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare."
E noi voliamo.
Voliamo perché sogniamo una Roma bella e vincente, ricca da fare schifo e capace di rappresentare l’anima di una città e della sua gente sana.
Noi sognavamo, sogniamo e sogneremo sempre, qualcuno che possa darci tutto questo. Che poi, non è ne più e ne meno di quello che ci spetta. Perché dopo anni di “tifo solo la maglia”, vogliamo poter tifare una maglia vincente da far paura e più forte dei torti arbitrali.
E mi creda dottoressa Sensi: ci spetta di diritto. Lo vogliamo. Perché noi siamo Romani e Romanisti. E non facciamo distinzioni tra tifosi che vogliono Lei al posto di Soros (un sondaggio li ha contati: sono solo l’11 %) e quelli che vogliono un qualunque grande finanziatore al timone.
Non facciamo distinzione tra quei tifosi che lo sono da sempre e quelli che lo sono solo da 15 anni, folgorati sulla via dello Stadio Olimpico.
Per noi, al contrario di quello che pensa Lei, dottoressa Sensi, i veri tifosi della Roma sono tutti. Tutti quelli che urlano e si abbracciano ad un gol, anche se non si conoscono. Tutti quelli che sognano di vincere una Champions a Roma giocando contro il Liverpool. Tutti quelli che sono toccati da una meravigliosa follia chiamata Roma. Tutti quelli che, come me, sono capaci di volare.
Perché vede, dottoressa Sensi, come diceva Gorge B. Show, "Certi uomini vedono le cose come sono, e dicono: perchè? Io sogno cose mai esistite e dico: perchè no?".
E l’arrivo di un finanziatore americano, era il nostro modo per passare da “perchè?” a “perchè no?”. Di essere finalmente liberi da amicizie ingombranti e da caffé presi in campidoglio. Saremo tornati ad essere quello che eravamo prima, quando, guidati da Franco Sensi, eravamo desiderati, coccolati e quasi protetti dalla stampa e dominavamo il mercato italiano con gli acquisti. Voglio Cassano? Me lo prendo. E Batistuta? Me lo compro e lo porto a Roma.
Questo eravamo e questo volevamo tornare ad essere. Sempre con un occhio di gratitudine rivolto verso Villa Pacelli che, con un ultimo e infinito atto d’amore, aveva ceduto un suo bene affettivo a chi lo poteva migliorare.
Ma questo, appunto, è solo un sogno.
La realtà è che ora continueremo a vedere le stelle. Ma quelle degli altri. La realtà e che ora continueremo a vedere la differenza tra vivere e sopravvivere.
Noi lo abbiamo capito da tempo, dottoressa Sensi. Questa della cessione non è una questione di cuore, ma una questione di soldi. Di ottenere il massimo dalla cessione di un asset. Perché quello che voi chiamate asset, per noi è un pezzo di cuore.
E allora basta con questa commedia dei sentimenti, buttati in faccia a chi della Roma fa una ragione di vita e a chi per la Roma fa sacrifici.
Per voi è facile parlare, comodamente seduti a guardare la partita su poltrone di pelle blu. Poltrone che finanziamo noi con i nostri abbonamenti e con i sacrifici che facciamo per comprarli. È facile parlare solo per comunicati o scrivere lettere citando “occhiute rapine”. È facile fare tutto questo senza ricordare e senza pensare che, alla prossima ricapitalizzazione, bisognerà chiedere sacrifici agli stessi che non sono stati ringraziati perché non considerati veri tifosi. E non erano considerati veri tifosi, perché non erano dalla parte della famiglia Sensi e della sua dirigenza. Non avevano la patente dei veri tifosi, perché non volevano essere considerati di nuovo la succursale di Milan, Inter o Juve. Non siamo considerati veri tifosi, perché chiediamo con forza un chiarimento con la tifoseria, allo stesso modo di quello avuto con la Consob.
Ma i veri tifosi siamo noi. I tifosi di una città che brucia di un amore che voi neanche lontanamente immaginate. Perché, per voi, la Roma è solamente un Hobby retribuito, seduti comodi come siete sulle poltrone della tribuna autorità, a parlare di politica e oscillazioni di borsa.
Non è cantando un inno a inizio gara che si diventa Romani e Romanisti. Lo era Franco Sensi, che da solo combatteva un sistema marcio alla radice, con le sole armi della rabbia e di un orgoglio forte e fiero, ben lontano dal potere politicamente scorretto e bassamente finanziario di cui beneficiavano altri.
Altri che non avevano quella dignità tutta romana che, qualcuno, con comunicati o lettere aperte vuole negare, dando patenti di tifosi veri o meno.
E invece, siamo più tifosi noi che amiamo incondizionatamente, che voi che amate in base alla rendita. Perché noi siamo i veri Romani e Romanisti.
La nostra storia (e per nostra intendo quella della A.S. ROMA), è una storia strana che, a suo modo, rispecchia la storia della romanità e dell’essere Romani in senso stretto. Che ha in sé quel sentimento di appartenenza ad una città ed al suo modo di essere, che aggredisce dolcemente e cattura anche chi non è Romano.
Essere Romano e Romanista, è un connubio intrecciato di sensazioni particolari ed inspiegabili, uniche ed indescrivibili, se non vissute appieno e direttamente. Noi, ci identifichiamo totalmente con tutto ciò che è Roma: con il Colosseo al tramonto, con una passeggiata di notte a Via del Corso, con gli scorci meravigliosi che solo il Gianicolo ci sa regalare, con i vicoli e i negozietti sempre aperti di Trastevere, con i Ponti e con le Piazze, con le feste a Testaccio dopo ogni vittoria importante, e con tutto ciò che rappresenta Roma e l’essere Romano e Romanista. E dico Romano e Romanista, perché per i miei lontani cugini romani che tifano lazio, non è la stessa cosa. Noi, come Capitano, abbiamo ed avremo un Romano e Romanista, sia che si chiami Totti, De Rossi, Aquilani o Mexes (che ha già capito cosa vuol dire Roma). Per noi tifosi veri, ma anche per la famiglia Sensi, la Roma è un’opera d’arte che non ti stancheresti mai di guardare. Per noi la Roma è una donna, una moglie o un’amante di 80 anni che, come ho scritto, bella come oggi lo è sempre stata. NOI amiamo una donna vestita di giallo e di rosso e la amiamo perché solo NOI sappiamo dare quell’amore puro e vero, indipendente da ogni vittoria che possa appagare o giustificare una scelta che, per N O I , è basata solo sull’appartenenza ad una città e ad un modo di essere. Altrimenti non si potrebbe spiegare come mai, tutti quelli che come me sono nati negli anni 70, hanno iniziato comunque a tifare e ad essere innamorati di una Roma, anzi di una Rometta, che di soddisfazioni e di vittorie ne regalava veramente poche. NOI siamo Romani. E NOI siamo Romanisti. Il nostro essere tifosi, non si limita ad andare a vedere una partita solo perché la nostra squadra vince sempre, comunque e con ogni mezzo illecito. NOI siamo fatti così. Preferiamo non vincere niente per 20 anni, ma con la certezza di averci provato senza rubare, senza comprare arbitri e senza muscoli gonfiati artificialmente da farmaci antidepressivi, presi da una farmacia bianconera fornita come quella dell’Ospedale di Padova. A noi il petto si gonfia da solo, senza steroidi o creatina. A noi il petto si gonfia per orgoglio. Per l’orgoglio di avere avuto Zeman e i suoi gradoni; per l’orgoglio di avere avuto Dino Viola, Franco Sensi e Franco Baldini; per l’orgoglio di non essere entrati in Calciopoli; per l’orgoglio di avere una Capitano Romano e Romanista; per l’orgoglio di sapere che il futuro Capitano sarà comunque Romano e Romanista; per l’orgoglio di avere perso 7 a 1 a Manchester e di avere girato comunque per Roma con la sciarpa al collo; per l’orgoglio di avere avuto Luisa Petrucci e il suo ombrellino; per l’orgoglio e il privilegio di avere sentito Carlo Zampa urlare la formazione con la colonna sonora del Gladiatore; per l’orgoglio di avere fatto il record di vittorie in un campionato truccato da altri; per l’orgoglio di avere fatto diventare Romani e Romanisti Philippe Mexes e Vincent Candela; per l’orgoglio di vedere le partite internazionali della Lazio (quelle rare volte che accade) con accanto il logo identificativo ROMA; per l’orgoglio di sapere che se NOI abbiamo una Città intera e il Chievo ha un quartiere di Verona, la Lazio non ha nemmeno un paese in Ciociaria; per l’orgoglio di fregarcene di tutto e di chiudere un negozio per vedere la Finale di Coppa Italia (osserva la foto); ed, infine, per l’orgoglio di sapere che NOI siamo stati, siamo e saremo sempre portatori sani di Romanità, di quel DNA solo Nostro che ci identifica con una città e con un modo di essere e che fa innamorare anche chi viene un attimo a Roma da Tertenia (NU) –dove peraltro esiste un Roma Club-, o Melito di Napoli. Noi preferiamo perdere uno scudetto con 20 punti di distacco, ma con la certezza di avere bilanci limpidi, risanati senza finte plusvalenze nerazzurre e senza debiti biancazzurri spalmati in 800 mila anni. Ma quando ne vinciamo uno, magari con un 3 a 1 all’ultima giornata, poi lo festeggiamo per 3 mesi filati. E non voglio pensare a cosa succederebbe se mai dovessimo vincere una Champions League. NOI siamo fatti così. NOI SIAMO LA ROMA. E “LA ROMA SIAMO NOI”. E, spero, con questa risposta, di averti fatto capire cosa significa per noi essere Romani e Romanisti: significa essere fieri e puliti, spavaldi e veri, ironici, strafottenti, amanti appassionati e coraggiosi portatori di un modo di essere che è solo nostro. Significa essere parte integrante di una città che ci ama e ci coccola. Significa rispecchiarsi nella voglia di combattere di Franco Sensi ed in quella di urlare la sua gioia al mondo che Carletto Zampa esprime ad ogni gol. Significa rispecchiarsi nelle parole dell’inno di Venditti o nella poesia musicale di Marco Conidi. Significa avere nel cuore le parole di Dino Viola, con le quali vi lascio, nella speranza vi possano far capire meglio e, magari, farvi avvicinare al senso profondo dell’essere Romano e Romanista: «La Roma non ha mai pianto e mai piangerà: perché piange il debole, i forti non piangono mai».

cavaliereblu
2° CAPO
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